Il problema non è tanto chi vincerà, ma di quanto vincerà
Il referendum e’ stato quasi sempre un voto politico, con effetti di prospettiva. In principio fu il referendum per la scelta tra monarchia e repubblica. Vinse quest’ultima
non si sa quando legittimamente. E si avviò di fatto il post fascismo. Ventotto anni dopo quel lontano ’46, il popolo fu chiamato a pronunciarsi sulla legge che aveva legalizzato il divorzio, voluta anche dagli alleati storici della Dc, che perse il referendum, insieme al Msi ed alla Chiesa cattolica. E si avviò la stagione delle Giunte di sinistra e del consociativismo Dc- Pci. Nel’ 81 Dc, Msi e Santa Romana Chiesa persero nuovamente sull’abrogazione dell’ aborto. Due anni dopo la Democrazia cristiana arretrò dal 38% al 32% e le porte di Palazzo Chigi si aprirono per a Bettino Craxi. Nell’ 84 il Pci perse il referendum sulla scala mobile ed il segretario socialista si consolidò. Nel ’91, con il referendum proposto da Mario Segni, si passò contemporaneamente alla preferenza unica ed a tangentopoli, che si consolidò con la stagione referendaria del ’93, con l’apertura della seconda repubblica. Dunque la democrazia repubblicana fu aperta dal referendum del ’46, la stagione delle Giunte di sinistra dal referendum del ’74, il Caf (Craxi, Andreotti, Forlani) dal referendum del ’84, la seconda repubblica dai referendum del ’91 e del ’93.
Sulla base dei ricordati precedenti, possiamo dire che i pronunciamenti popolari non elettorali, essendo più liberi, marcano da sempre i passaggi decisivi della vita politica italiana. E che quello di oggi sia un altro dei passaggi decisivi della nostra storia è confermato dal risultato delle ultime politiche del 2013, che hanno messo fine al bipolarismo centrodestra – centrosinistra, nato diciannove anni prima con la discesa in campo e la inaspettata vittoria di Silvio Berlusconi. Da tre anni abbiamo un tripolarismo che non ancora si consolida tra centrodestra, centrosinistra e Movimento 5 stelle.
Su questo referendum si scontrano il centrosinistra a guida Renzi e il Movimento 5 stelle, con il centrodestra che sta tra i due come un vaso di terracotta tra due vasi di ferro. In realtà, lo scontro è tra forze sistemiche e forze antisistemiche. Pur con le dovute differenze di contesto, Renzi e Grillo rappresentano a grandi linee ciò che in America hanno rappresentato Hillary Clinton e Donald Trump, in Francia qualunque presidente di destra-sinistra e madame Lepen, in Inghilterra la Brexit e gli antiBrexit. Infatti, in favore del il Si ci sono tutti coloro che vogliono, a torto o a ragione, le ragioni della continuità del sistema, basato sull’euro e sulla cessione di sovranità all’ Unione europea. In favore del No ci sono tutte le forze antisistemiche ed avversarie dell’europeismo contemporaneo: 5 Stelle, la Lega, la destra sociale di Fratelli d’ Italia e Berlusconi (che con Gianni Letta e fedele Confalonieri ha avuto agganci al sistema, ma è sempre stato considerato un parvenu, mai digerito dall’establishment, tanto è vero che è stato indotto a dimettersi e votare il suo successore Monti). L’eccezione è D’ Alema, perché, unico rottamato da Renzi, gliela sta facendo pagare. Quale opzione debba vincere tra le forze sistemiche e quelle antisistemiche lo deciderà, però, il popolo, come è accaduto in America. Dunque, la posta in gioco non è tanto il quesito referendario, ma quale stagione politica debba aprirsi dopo il 5 dicembre.
Ciò che possiamo dire in merito è questo: se i due fronti dovessero arrivare distanziati di poco (uno – due punti percentuali) il sistema reggerà e si continuerà con questa fase politica. Se le distanze fossero superiori a cinque punti, vorrà dire che il popolo avrà scelto tra renzismo o grillismo, quanto meno per la prossima legislatura. Se vincerà il Si con più di cinque punti di scarto vorrà dire che il popolo crede ancora a Renzi ed alla sua capacità di farci uscire dalle secche. Se, viceversa, vincerà il No con più di cinque punti di scarto vorrà dire che il popolo non crede più a Renzi e si affida a ciò che percepisce come destrutturante e/o innovativo. Col referendum del ’46 si smise di credere al Re ed ai fascisti, col referendum del ’74 si smise di credere alla Dc ed alla Chiesa, col referendum del ’81, si smise di credere al compromesso storico Dc-Pci, col referendum del ’84 si smise di credere a Berlinguer ed al Pci, coi referendum ’91-’93 si smise di credere al Caf (Craxi- Andreotti- Forlani). Smetteranno gli italiani di credere a Renzi per affidarsi a Grillo ? E’ ciò che vedremo misurando l’ampiezza delle distanze nel risultato: il problema non è tanto chi vincerà, ma di QUANTO vincerà.
Ods