Editoriali

dipietro pollutri

C’AZZECCA, C’ AZZECCA

VASTO | Che c’azzecca Antonio Di Pietro con Angelo Pollutri ? C’azzecca…c’azzecca, non foss’altro perché l’autocritica di Antonio Di Pietro precede di qualche giorno la bocciatura di Angelo Pollutri ovvero l’approvazione della “mozione di sfiducia”,

con cui il Consiglio comunale di Vasto ha ieri impegnato il sindaco Menna a defenestrare dal suo staff l’ex sindaco di Cupello. La mozione è passata col voto contrario di quattro (cosiddetti) franchi tiratori e con due astenuti. Chiediamoci se un simile voto si sarebbe avuto prima che Di Pietro (per sua stessa ammissione) demolisse i partiti italiani ? Certo, anche nel corso della prima repubblica, c’erano i franchi tiratori, soprattutto in Parlamento, tanto che Bettino Craxi faceva continue battaglie per eliminare il voto segreto, dietro al quale si “rifugiavano” i franchi tiratori. Tuttavia costoro erano ampiamente “compensati dalla forza  persuasiva dei partiti”. I quali erano “intellettuali collettivi” (per dirla con Antonio Gramsci) e sapevano difendere i propri uomini o trovare loro collocazioni compensative se non erano graditi ad una parte del partito stesso. E veniamo alla vicenda vastese.

Francesco Menna ha vinto per 123 voti. Tutti, ma proprio tutti, sanno che senza il lavoro organizzativo di Pollutri il centrosinistra a Vasto non avrebbe vinto. Quindi, anche i franchi tiratori dovrebbero ringraziare l’ex sindaco di Cupello, oltre ad apprezzarne le ricordate capacità organizzative e beneficiarsene in un ruolo di staff. Ma può essere che una persona sia antipatica ad altri o abbia avversari interni o che questi lo usino per modificare equilibri di potere interni agli organigrammi. Questo succedeva anche prima che Di Pietro demolisse i partiti italiani. Tuttavia questi ultimi avrebbero difeso un proprio uomo (soprattutto se organico) o, tutt’al più, avrebbero mediato nella ricomposizione di equilibri di maggioranza, senza che le guerre intestine andassero a danno di uno. Tanto è vero che solo in rarissimi casi si diceva “il tuo partito ti ha penalizzato”, anzi, anche quando gli elettori bocciavano qualcuno, se costui era “bravo o funzionale” veniva ripescato negli incarichi di sottogoverno. Per fare due esempi concreti, a San Salvo, quando i socialisti chiesero la testa del sindaco comunista Mariotti, il suo partito, pur di difenderlo, preferì andare all’opposizione. E, più tardi, quando il Pds mise il veto sulla mia candidatura, il mio partito, per difendermi, non partecipò alla coalizione di centrosinistra. Funzionava così. Allora la politica era una cosa drammaticamente seria (come dice Davide D’Alessandro), ma lo era perché erano i partiti ad essere seri ovvero compensativi, rispettosi e grati ai propri uomini.

Dopo l’azione demolitrice di Di Pietro la mediazione dei partiti è saltata ed è stata ipso facto  affidata ai sindaci e presidenti, con leadership consacrate dalle elezioni dirette. La qual cosa si è ampiamente vista nelle precedenti legislature proprio a Vasto, dove l’azione mediatrice di Luciano Lapenna è stata il vero punto di equilibrio tra i contraenti-litiganti del centrosinistra. Poiché la variabile indipendente del centrosinistra vastese è stata sempre la sua frammentarietà interna e poiché Di Pietro ha demolito i partiti italiani, spetta ora al sindaco in carica essere il punto di equilibrio…non il punto di caduta. Se Menna saprà esserlo bene, se non saprà esserlo molti altri franchi tiratori appariranno (anzi non appariranno) dietro i voti segreti e molte altre saranno le vittime del centrosinistra, di cui Angelo Pollutri è solo il la prima (o la seconda, se si considera la recente costituzione di parte civile contro gli indagati della stessa maggioranza).

Concludendo, dopo questa dissertazione e considerato che la situazione di Vasto è simile a quella di molti altri Comuni italiani, ci si può chiedere se Di Pietro abbia fatto bene o male a demolire i partiti. Lui dice adesso che ha sbagliato. Noi lo diciamo dal ’92 ossia da quando era un eroe popolare, che avrebbe più tardi meritato la candidatura nel Mugello da parte di Massimo D’ Alema, che lo sostenne, salvo poi subirne le drammatiche conseguenze, grazie alle quali un giovanotto in odore di massoneria avrebbe potuto sfilargli il partito, diventato (sempre grazie a Di Pietro) una cosa…non seria.

                                                                                                                      Ods

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