Editoriali

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Carne e maccarune o fuja rape?

Dopo vent' anni, la Ialacceria (eredi Ialacci e loro amici) ripropongono la "miscarata" ossia la rappresentazione itinerante in maschera con una parodia carnascialesca locale.

Si tratta di una parodia della stessa vita, perché vengono rappresentati episodi del vissuto quotidiano, quindi non dei santi (come nei canti popolari di gennaio, soprattutto di Sant' Antonio) e neanche dei personaggi della storia o della politica.

In questo caso, si rappresenta e ci si burla di un burlone: Don Carnevale, che non è nemmeno troppo povero, visto che gira in carrozza.

Comunque il punto non è la condizione economica misera e la creazione di un "diversivo" musicale, canoro o teatrale per sopportarla.

Stavolta il protagonista, Don Carnevale (si accenna che possa essere un accanito debitore), può essere ricco o povero, bravo o cattivo, ma in fondo è uno qualunque, che si ammala e muore.

La malattia e la morte sono eventi naturali e quotidiani, che coinvolgono il malato e la sua famiglia, oltre a figure sociali come il medico e il sacerdote. Ossia persone normali, alle prese con ciò che succede al popolo. Forse per questo la "maschera" (cioè la rappresentazione) si chiama "Popolo mio".

Ovviamente un popolo non può non avere un sindaco, che è colui che apre la "cerimonia" ed augura Buon divertimento.

Queste parodie hanno secoli di storie e possono risalire all' epoca di Lorenzo de' Medici ed essere stati dallo stesso inventati seicento anni fa (come taluni sostengono).

A San Salvo la memoria collettiva ne ricorda tre: una nel ' 49, una nel' 80 e una nel 2000. Certo nel ' 49, cioè nell' immediato secondo dopoguerra, si era ancora nella società di sussistenza, in cui buona parte del popolo faceva la fame. Probabilmente per questo Don Carnevale auspica "carne e maccarune", esorcizzando la miseria ed auspicando una vita migliore per tutti.

Popolo mio è proprio la parodia della vita: prima di entrare nel periodo penitenziale della Quaresima, si canta e si balla, si mangia e si beve, insomma si fa festa, perché la resilienza di fronte al dolore richiede spensieratezza, allegria, ironia ed autoironia.

Oggi di fronte a crisi, vere o presunte, a pandemie, reali o percepite, divertiamoci come si divertivano i nostri nonni: a Don Carnevale tre suppostone e per noi tutti "fuja rape a volontà", cioè il contrario dell' abbondanza di pasta e carne.

Anche in questo gli antichi avevano capito tutto: la verdura ci fa bene e pasta e carne ci fa male. Buon divertimento a tutti.

Ods

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