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Violenza sulle donne: la libertà negata

Sono una donna. Ho ventidue anni, molti storceranno il naso, ma io mi sento donna da molti anni, da prima di quanto potessi effettivamente esserlo.

Da aspirante giornalista non di rado mi sono imbattuta in notizie di violenze e molestie essendo la cronaca la mia passione, ma mai, mai nella vita ho pensato per un solo istante di poter essere protagonista di un avvenimento simile.

Questa mattina, nei pressi dell'Università degli Studi del Molise a Campobasso, attorno alle dieci, sono stata costretta da uno sconosciuto a mettere in discussione tutto quello che in questi anni nel mio piccolo ho costruito, affrontato, vissuto per potermi sentire tale, Donna. Un uomo ha deliberatamente deciso di tagliarmi la strada con la suo sportiva mountain bike, aspettarmi poco più avanti e iniziare a masturbarsi davanti ai miei occhi, continuando ad inseguirmi.

Sono stata più fortunata di molte donne che tutti i giorni subiscono violenze fisiche, ma sono anche consapevole che la violenza psicologica, come gli stessi poliziotti mi hanno ricordato mentre sporgevo denuncia in Questura, spesso può esser più drammatica di quella effettiva. Il danno può essere enorme. La cosa che più mi ha spaventata è stato lo sguardo dell'uomo. Tranquillo e pacato. Come se fosse normale quello che stava facendo, come se passando di lì avesse deciso che io dovevo, sottolineo dovevo, assistere a quello che lui mi stava imponendo.

Le donne e il femminismo hanno iniziato a mobilitarsi contro la violenza di genere a partire dagli anni settanta del ventesimo secolo. Agli stessi anni settanta risalgono i primi Centri antiviolenza.

Un secolo di lotte, vittime, abusi, denunce e appelli. Ma, ancora oggi, la violenza sulle donne (e non solo, lungi da me un discorso sessista) è uno dei fenomeni sociali più nascosti e irrisolti. Per questo è necessario parlarne. Solo ed esclusivamente la coscienza della gravità del problema può evitare che domani un'altra persona sia costretta a sentirsi una nullità, a vedere sbriciolata la propria autostima, a sentir crescere dentro di sé la paura di non essere capita e, ancor peggio, la paura che possa accadere ancora.

Alessia Monaco

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