Editoriali

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Votero’ partendo da Osvaldo

Molti dicono che non voteranno o che non sanno chi e cosa votare il prossimo 4 di marzo. Io ho sempre votato, tranne nel ’91, allorquando Craxi giustamente ci chiese di andarcene al mare (era il rimo referendum con cui si destrutturava la Prima repubblica).

Andrò a votare pure questa volta, senza annullare la scheda o rimetterla in bianco. Voterò, partendo da Osvaldo, che non è candidato, ma ha le idee chiare (che somigliano alle mie anche questa volta…). Partirò da ciò che Osvaldo (Comitato civico cittadino) ha scritto nell’ultimo tazebao ossia che stavamo meglio quando stavamo peggio. Forse i ragazzi (come mia figlia) non sanno che Osvaldo dice il giusto, quando racconta che prima dl ’92, ciò prima della loro nascita: le strade non erano rotte, come adesso; gli ospedali non diventavano una croce (per medici e pazienti) se andavi al Pronto soccorso; noi, giovani dell’epoca, sapevamo che dopo la scuola o l’università avremmo trovato un posto di lavoro per farci una famiglia; il clima sociale (SOPRATTUTTO) era buono, perché la gente credeva nel sistema (intendo come sistema quello dal quale non ci si sente esclusi, perché pur stando con l’opposizione si pensa di avere interlocutori politici). La differenza tra ieri ed oggi non sta solo nelle strade e negli ospedali a pezzi e nella mancanza di prospettiva occupazionale per i giovani, ma sta (SOPRATTUTTO) nella stragrande maggioranza delle persone, che non si sente inserita nel sistema.  Venticinque anni fa, se un comunista scioperava si sentiva “dentro” alle dinamiche politiche, come il  democristiano che si faceva ricevere da un deputato o da un ministro per chiedergli un favore (cosa che personalmente ho sempre deprecato). Luciano Lama o Remo Gaspari, sia pure con sostanziali modi di fare politica diversi, ci facevano sentire loro interlocutori: tanto se il primo ci convocava a Piazza San Giovanni (per uno sciopero), quanto se il secondo ci riceveva a Via delle Milizie (per una marchetta). Infatti, quando nel ’77 gli studenti di  Autonomia della Sapienza presero a sassate il capo della Cgil furono unanimemente condannati. Lo stesso accadde quando le Brigate rosse uccisero il capo della Dc Aldo Moro. Allora le forse antisistemiche (Autonomia operaia e Brigate rosse) erano sì violente, ma socialmente e politicamente isolate, perché il sistema riusciva a tenere dentro pressoché tutti: ruffiani e lottatori, cattolici e comunisti, conservatori di destra e radicali, onesti ed evasori. Certo per far quadrare questo cerchio, il sistema (sociologicamente inteso) ha sacrificato il merito (col clientelismo democristiano e  l’egualitarismo sindacalcomunista nelle fabbriche) ed il bilancio dello Stato (con il debito pubblico, generato  consociativamente). Quel sistema, quindi, andava cambiato, non c’è dubbio. Ma lo si doveva correggere nelle sue (richiamate) storture. Invece, lo si è demolito nella sua (quasi unica) capacità  di tenersi in equilibrio, marginalizzando le forze antisistemiche ovvero quelle davvero sfiduciate. Oggi il 70% degli italiani non crede più nella tenuta sociale e politica del Paese. Infatti o si astiene o vota contro le uniche due forze sistemiche (che sono Pd ed alleati e Forza Italia e quarta gamba) e per questo il sistema non è in equilibrio.

Comprendendo ciò che ha scritto Osvaldo (che è storicamente vero), bisogna riportare in equilibrio il sistema. E non lo si può fare dando ulteriore forza alle forze del sistema medesimo (mi scuso per il gioco di parole), a meno che non diventino maggioranza assoluta anche nel Paese: un Governo minoritario Pd-Fi  manderebbe ancor più in squilibrio il sistema, con il 70% degli italiani che non lo condivide (tra astenuti e voti di protesta) e che si incattiverebbero ulteriormente.  Per riportare in equilibrio il sistema, bisogna che rientrino nello stesso le forze che stanno fuori, a garanzia degli esclusi. Ecco, io voterò affinché questo accada. Cercherò col mio voto la indispensabile fiducia nel clima sociale, premiando quelle forze, che, rappresentando gli esclusi, sappiano attivare una sana mediazione tra lo Stato e la povera gente. Diversamente il Parlamento e le piazze, dopo il 5 marzo, diventerebbero una polveriera.

                                                                                                                                                                            Ods

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