Editoriali

distefano orazio

Ecco perchè parteciperò all'iniziativa di Gabriele Marchese

Alla base della vita ci sono l 'stinto di sopravvivenza e la riproduzione della specie. Per sopravvivere, nei secoli l' individuo debole ha seguito quello forte. Ad un certo punto della storia il patto ("tu mi proteggi e io ti sono fedele" ) è diventato addirittura norma giuridica

(rapporto di vassallatico) oltre che prassi sociale è giustamente saltato, perchè il connubio (naturale, sociale, giuridico ed economico) tra il forte ed il debole aveva generato soprusi ed ingiustizie, tanto che i deboli si sono dovuti unire per "strappare " l' uguaglianza dei cittadini come principio di convivenza sociale. E l' uguaglianza (almeno nei principi) è arrivata con le moderne dichiarazioni dei diritti, con le costituzioni liberaldemocratiche, con il principio giurisdizionale de "la legge è uguale per tutti". Non era stato sempre così nella storia umana. Emblematica la battuta di Onofrio Marchese Del Grillo: "Io so' io e voi non siete un cazzo" o la classificazione sociale di Silone "Sopra di tutti c' è Dio, poi il principe Torlonia, poi la sua famiglia, poi le sue guardie, poi i cani delle guardie del principe Torlonia e poi, ma molto poi ci sono i cafoni". Fino a meno di un secolo fa il Marchese aveva privilegi riconosciuti rispetto agli altri uomini, divisi in categorie bloccate. Ancora oggi in molti Paesi non c' è uguaglianza, neanche sul piano formale oltre che in quello sostanziale.

In questo tempo si sta tornando ai soprusi, alle ingiustizie sociali ed alla povertà diffusa. L' egoismo sociale persiste, perché è figlio di quello naturale. Esso può essere bloccato o limitato solo se i deboli si uniscono fra di loro e organizzano la propria rappresentanza sindacale ed istituzionale, come hanno fatto nel novecento. Ma nel novecento essi avevano dei rappresentanti (singoli o associati, chiamati dirigenti o partiti politici) che facevano da coesione sociale e li guidavano alla cosiddetta riscossa. I poveri del novecento sono arrivati se non proprio alla riscossa quanto meno al benessere.

Il benessere del nuovo ceto medio produttivo, generato dagli operai e contadini della generazione precedente, ha prodotto due fattori nuovi, ma sempre in virtù dell' egoismo sociale esistente in natura: il disinteresse per chi stava più dietro, cioè il sottoproletariato e l' accomodamento dei leader dei poveri, che si sono costituiti, a loro volta, in ceto dominante, acquisendo gli agi ed i privilegi di casta. Non solo. Con la cosiddetta globalizzazione, anche chi si era emancipato sta tornando indietro e vede i propri figli laureati emigrare. Risultato: i rappresentanti dei lavoratori non rappresentano più niente, chi aveva fatto qualche progresso sta tornando indietro e i poveri veri, cioè i nuovi sottoproletari delle periferie disagiate, si fanno rappresentare da altri non inquadrabili nella sinistra storica. E non è tutto: dalle ex colonie si muovono masse sterminate di residui umani che spaventano i loro fratelli poveri, ma meno poveri di loro.

Che FARE? Una ricetta c' è, è vecchia, ma proprio per questo può funzionare: chi crede nell' uguaglianza degli uomini torni ad organizzare e guidare i poveri. Questi ultimi sapranno apprezzarlo come hanno fatto gli operai di fine ottocento, i braccianti degli anni cinquanta e i disoccupati degli anni settanta. Gli schemi sono saltati perché noi, figli di povera gente, che abbiamo studiato, ci siamo imborghesiti, abbiamo pensato ai cazzetti nostri e creduto che i diritti acquisiti (dai lavoratori) fossero intramontabili. Non ci sono diritti acquisiti per gli ultimi, perché ora, come allora, c' è sempre qualcuno che si crede Onofrio Del Grillo e non certo nella finzione cinematografica. 

Ods

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