Editoriali

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Meglio uno Stato di diritto che uno Stato di polizia

Leggendo questa notizia de il Centro di oggi emerge chiaramente la differenza tra uno Stato di polizia e uno Stato di diritto. Differenza che intendo approfondire (sia pure coi vincoli della sintesi giornalistica) in questo articolo. La qual cosa é quanto mai opportuna

in questo tempo in cui tira un vento securitario. Abbiamo, infatti, un ministro degli Interni (anche il leader politico di questa fase e mai nella storia italiana repubblicana i due ruoli avevano coinciso) che invoca sicurezza, giustificata dalla insicurezza percepita e subita, soprattutto dai ceti che non possono blindare le case o dotarsi di bodyguard. Ma attenzione a dare poteri "supremi", definitivi, di ultima istanza alla polizia: si corre il rischio di diventare uno Stato di polizia, dove se un poliziotto (inteso come funzionario della sicurezza pubblica, compreso un pm beninteso) ti punta o si convince della tua colpevolezza (senza fare i riscontri necessari) rischi di essere perseguito, perseguitato, condannato e punito, anche se sei innocente, come è il caso di G. G. P. Invero, quando il pur legittimo provvedimento di polizia, è subordinato al vaglio della magistratura, si ha diritto ai riscontri collegiali, ma soprattutto vengono resi possibili gli interventi a tua difesa da parte dei difensori o dei periti. Questo avviene in uno Stato di diritto, dove vige una Costituzione democratica, su cui giurano gli stessi poliziotti (sempre inteso come funzionari della sicurezza pubblica). I quali, invece (col potere non limitato dai collegi giudicanti, terzi, imparziali e superiori), potrebbero indulgere in accadimenti (non terapeutici, termine in uso nella sanità pubblica), ma in quelli di polizia. Non mi sfugge che in tal modo possano evitare condanne i veri colpevoli o che si rischino eccessive dilazioni ed incertezze delle pene. Tuttavia è sempre meglio un processo lungo, che nessun processo. È sempre meglio un lento Stato di diritto, che uno veloce di polizia. Dove si possono dimostrare i diritti, come nel caso dell' imprenditore ritenuto colpevole al primo grado, ma risultato innocente al secondo, come raccontato dal Centro, chi era finito in depressione (per colpa della Ingiustizia di Stato) può ricevere un sollievo dalla verità raccontata dalla libera stampa. La quale, spesso si unisce al circuito mediatico giudiziario delle condanne preventive. Ma è parimenti capace di dedicare una pagina intera per ridare dignità ad un innocente, contribuendo in tal modo a riconoscere il diritto contro la prepotenza.

Ods

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