Editoriali

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IL CIVETA È COME IL DEBITO PUBBLICO

Il Civeta sta al vastese come il debito pubblico sta all' Italia. Sono entrambi figli delle dinamiche politico - clientelari della classe politica. La quale, in Italia, ha generato il debito, per creare posti pubblici e pensioni senza coperture finanziarie, allo scopo di accrescere potere e consenso.

Allo stesso modo, la classe politica del vastese ha generato il disastro che è sotto i nostri occhi, per creare posti al Civeta senza coperture e senza sostenibilità (nel senso che ha tenuto basse le tariffe, mentre si bloccavano le entrate), allo scopo di accrescere potere e consenso. Così come la classe politica nazionale ha riempito i Cda di trombati e politici rompiscatole per tacitarne il dissenso, così la classe politica del vastese ha fatto con gli amministratori Civeta, nominando molto spesso politici senza manco il diploma di ragioneria. Le uniche volte in cui si fecero operazioni serie furono: la nomina di Oreste Ciavatta (da parte di Gabriele Marchese), la firma dell' ordinanza per la terza vasca (da parte di Angelo Pollutri) e il risanamento finanziario della Stati (grazie a Peppino Tagliente). Ma queste tre singole e tra esse scollegate eccezioni non sono servite a salvare il Civeta, anche se ne al tempo prolungarono la gestione pubblica. Alla fine la classe politica del vastese si è dovuta affidare al mercato esattamente come quella nazionale. La prima per far gestire la terza vasca ad un discusso impresario meridionale e la seconda per tirare avanti deve continuamente farsi prestare i soldi dal mercato, controllato dall' altrettanto discusso Mister Spread. Risultato parallelo: la classe politica del vastese non governa più il Civeta, anzi non lo controlla proprio più e la classe politica nazionale non governa più il bilancio dello Stato. I risultati anche umilianti per il nostro orgoglio sono al Civeta le lezioni che vengono a tenere signori pescaresi ed a livello nazionale i rimbrotti dei vari Moscivici. Anche gli effetti di queste storie parallele sono simili:  ridare sviluppo all' Italia non lo possono fare né i giallo verdi e né i giallo rossi, perché i saldi di bilancio sono stabiliti fuori dal governo democraticamente eletto dai cittadini o legittimazione eletto dal Parlamento. Allo stesso modo la politica industriale ed ambientale del Civeta non lo possono fare né il sindaco di Cupello (di destra) e né quello del capoluogo di comprensorio (di sinistra); né l' assessore all' ambiente di D' Alfonso e né l' assessore all' ambiente di Marsilio; né il commissario Gerardini (di sinistra) e né quest' ultimo nominato dalla destra,  perché il Civeta non è più sotto il controllo della politica. Il problema è che quest' ultima molto spesso si divide al suo interno  e i politici per malcelata logica di appartenenza si accusano reciprocamente, senza realizzare quello che ho appena detto. Il fallimento letterale del Civeta non è della destra o della sinistra degli anni ottanta novanta e  primo decennio del duemila. È di entrambi, che lo hanno allo stesso modo: un semplice strumento di potere e piccolo cabotaggio, per accrescere il proprio consenso ! Ora c'è una classe politica di nuova generazione, compreso il Comitato, e la cosa che può fare è solo una: sedersi attorno ad un tavolo, riconoscere i disastri creati in precedenza, guardarsi negli occhi, iniziando a ragionare con logica non clientelare e né di appartenenza. Ma forse questo è impossibile: sarebbe come chiedere ad un impresario di non ragionare con logica dell' accumulo e dell' arricchimento.

Ods