Il taccuino dello storico

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La collezione fotografica di Ettore Janni: il caso di Acquaviva Collecroce

Di Ettore Janni (Vasto 1875-Milano 1956), deputato di Vasto nel 1919 e direttore del «Corriere della Sera», la Biblioteca Provinciale «A. De Meis» di Chieti detiene, oltre al suo fondo librario (oltre 30000 volumi donati dalla figlia nel 1976),

una splendida collezione fotografica di luoghi abruzzesi relativa agli anni ‘Venti. L’unica eccezione – per così dire, «regionale» – è data da un gruppo di cinque scatti effettuati in un piccolo centro molisano della valle del Trigno: Acquaviva Collecroce, comunità alloglotta di origine croata. Ciò che va detto è che si tratta di una documentazione iconografica non avente per tema la fisicità del borgo, ma la vita lavorativa che in esso si svolge. Una specifica pratica di indagine ergologica, ad esempio, che, dal 1923 al 1930, Paul Scheuermeier e Gerhard Rohlfs avrebbero condotto in parallelo per il Bauernwerk in Italien (Il lavoro dei contadini in Italia) di cui Palmoli è stata un punto-chiave. Certo, dell’autore di quelle istantanee – un tale Vetta – non si avevano notizie se non il timbro a secco e il confronto con altre foto pubblicate nel volume di V. Balzano, Abruzzo e Molise, Torino 1927 (cfr. «Rapsodia abruzzese». Le fotografie del fondo Ianni, a c. di F. Eugeni, S. Atto di Teramo, Edigrafital, 2003, pp. IX-XIV). Ricondotte, di conseguenza, a una data anteriore a quella precedentemente indicata, testimoniano, nei primi anni Venti del Novecento, l’occhio vigile della camera per la ricognizione antropologica. Ma oggi una cosa si può aggiungere. Il Vetta di cui si sta parlando è senz’altro quello stesso dr. Angiolino Vetta di Acquaviva Collecroce che aveva fornito a Milan Rešetar una parte del corredo iconografico per la sua fondamentale ricerca dal titolo Die serbocroatischen Kolonien Süditaliens, Wien, Hölder, 1911 (trad. it. Le colonie serbocroate nell’Italia Meridionale, a c. di W. Breu, M. Gardenghi, Campobasso, Amm. Prov., 1997). Un fotografo del luogo cosiddetto «dilettante» – vale a dire, ‘non professionista’ –, dunque, che, ancor prima degli anni Venti – anzi, fin dai primi anni del Novecento – aveva avuto chiaro il senso dell’investigazione etnografica. A tal proposito, le immagini tratte dal testo di Rešetar sono esemplari:

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Il frontespizio dell’ opera di Milan Rešetar

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Angiolino Vetta: Donne e bambini di Acquaviva

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Angiolino Vetta:  Contadino di Acquaviva con giogo dell’aratro

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Angiolino Vetta: cantanti del coro del Primo Maggio

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Ma torniamo sugli scatti del dr. Vetta su Acquaviva Collecroce raccolti nella collezione Janni. Ad eccezione di un paesaggio generico (fig. 1), i restanti cinque raffigurano attrezzi e modalità di lavoro di un borgo contadino. Innanzi ruote di carro sganciate dal traino insieme con la bestia da tiro – mulo – (fig. 2). Successivamente la vecchia che guida il mulo con basto e carico e con il vecchio che chiude la processione per controllare l’animale (fig. 3). Inoltre un gruppo di tessitrici che opera all’aperto (fig. 4). Una coppi di muli (fig. 5). In conclusione, un significativo esempio di paideia di mestiere. Non una giovane maestra, ma la ragazza più grande di un insieme di fanciulle che, stante, impartisce i rudimenti del lavoro a maglia alle più piccole. Di notevole interesse la modalità ex cathedra dell’ adolescente che scandisce il ritmo alle altre (fig. 6). Nel borgo, la comunità agiva in consonanza. Il prototipo era dato dai cantanti del coro del Primo Maggio organizzantisi intorno a un totem (mosso internamente da un giovane) che percorreva le vie del paese in una sorta di quête rituale. Lo stare intorno a qualcuno o a qualcosa costituiva il motore dell’aggregazione. Da questo punto di vista, la funzione della fanciulla-maestra aveva un valore fortemente ergonomico. Nel sostituire l’adulta, consentiva a quest’ultima di esercitare senza interruzioni i lavori dei campi e domestici.

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Fig. 1: Angiolino Vetta. Acquaviva Collecroce: paesaggio

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Fig. 2: Angiolino Vetta: Acquaviva Collecroce. Ruote di carro e muli

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Fig. 3: Angiolino Vetta. Acquaviva Collecroce: Anziana che conduce mulo carico

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Fig. 4: Angiolino Vetta: Acquaviva Collecroce. Tessitrici al telaio

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Fig. 5: Angiolino Vetta. Acquaviva Collecroce: coppia di muli

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Fig. 6: Angiolino Vetta. Acquaviva Collecroce: ragazze che lavorano a maglia

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La formazione lavorativa dei singoli in un’economia di comunità non era affidata al mastro o alla mastra, ma a chi aveva più esperienza rispetto a altri o a altre. La verticalità didattica dei saperi materiali era scandita esclusivamente dalla pratica. In tale prospettiva, le tecniche si acquisivano nel tempo.

Con il fotografo acquavivese Angiolino Vetta non solo una pagina del suo paese diventa antropologia iconografica. Ma tutta la documentazione abruzzese raccolta nella collezione Ettore Janni. Si tratta della scoperta di un Maestro dell’immagine del quale, in qualche modo, si dovrebbe dare conto.

Luigi Murolo