La Storia di Nicola Dario

2E7B7A5A 19F7 4FD2 A90B 034A71EAF6BB

L'attenzione vendicativa contro le statue

In molti paesi dell’America, il 12 ottobre è celebrato come un giorno di festa, in onore della scoperta di Cristoforo Colombo, e negli Stati Uniti in particolare si celebra il “Columbus Day”. 

Negli ultimi anni però molte città degli Stati Uniti hanno annullato la festività, attribuendo a Colombo l’inizio dello sterminio delle popolazioni indigene, e l’hanno sostituita con una giornata per commemorare queste ultime. Come è ormai noto attivisti di Black Lives Matter, il movimento che ha guidato le proteste per l’uccisione di George Floyd, hanno abbattuto una statua di Cristoforo Colombo a Richmond, capitale della Virginia. La statua, che si trovava all’interno di Byrd Park, è stata prima vandalizzata, ricoperta di vernice e incendiata, e poi tirata giù e gettata in un lago nei pressi del parco. Sul piedistallo vuoto è stato messo un cartello con scritto «Colombo rappresenta il genocidio». A Boston una statua del navigatore genovese è stata decapitata. In Europa non si è stati da meno. Nei giorni scorsi a Londra la statua di Winston Churchill era stata imbrattata con la scritta «was a racist» e a Bristol era stata abbattuta quella del commerciante di schiavi Edward Colston. Banksy ha proposto di recuperare la statua del mercante di schiavi Edward Colston, buttata in acqua a Bristol e di rimetterla sul suo piedistallo; però attorniata da altre statue, le sagome dei manifestanti che cercano di abbatterla aggrappati alle funi. Si tratta di uno degli effetti della rivoluzione di Black Lives Matter. A Parigi si reclama lo smantellamento di quella del ministro Colbert, che firmò nel 1685 il Code Noir, avente a oggetto la vita degli schiavi nelle colonie e l’espulsione degli ebrei.

In Italia la statua di Indro Montanelli, in quanto “colonialista e schiavista” è stata imbrattata due volte in pochi giorni. In diverse altre città, le autorità hanno preferito portarsi avanti e non aspettare che siano i manifestanti a fare il lavoro pesante: ad Anversa, in Belgio, è stata rimossa la statua del re genocida Leopoldo II, già imbrattata con vernice rossa durante il weekend. Il partito laburista britannico ha annunciato un “censimento” delle statue riconducibili a schiavisti in Inghilterra e Galles. In Italia Un movimento a giorni fa  ignoto e che si chiama Sentinelli di Milano ha inviato una lettera al sindaco e al consiglio comunale della città in cui scrive: «A Milano ci sono un parco e una statua dedicati a Indro Montanelli, che fino alla fine dei suoi giorni ha rivendicato con orgoglio il fatto di aver comprato e sposato una bambina eritrea di 12 anni perché gli facesse da schiava sessuale, durante l’aggressione del regime fascista all’Etiopia. Noi riteniamo che sia ora di dire basta a questa offesa alla città e ai suoi valori democratici e antirazzisti e richiamiamo l’intero consiglio a valutare l’ipotesi di rimozione della statua, per intitolare i Giardini Pubblici a qualcuno che sia più degno di rappresentare la storia e la memoria della nostra città». Riassumere Montanelli come “un colonialista” è un po’ riduttivo, e uno “schiavista” a ben vedere era stato anche Jefferson. Ma andando a spulciare pochi rimangono immuni: Voltaire era antisemita, e persino a Martin Luther King e Gandhi avrebbero qualcosa da obiettare rispettivamente le femministe e gli africani (e di Gandhi in effetti, secondo questo ragionamento, hanno rimosso nel 2018 una statua in Ghana). Completamente fuori bersaglio, poi, quella forma di attualizzazione che viene inflitta agli artisti (ad esempio recentemente a Gauguin), che peraltro dovrebbero – nell’ambito dell’arte – essere giudicati solo per le loro opere.

Del resto, la fine del comunismo oltre cortina è stata una storia di caduta, prima che di muri, di statue, 5500 parrebbe (si ricorda uno spettacolare trasvolo di una nell’ex Germania Est nel film Goodbye Lenin). Quanto al rispetto per le statue, hanno cominciato gli egizi ad ammaccarle per ragioni meno ideologiche (secondo il direttore del Museo Egizio di Brooklyn la ragione per cui manca sempre un pezzettino – un orecchio, il naso ecc. – è la credenza che la mutilazione della statua si riflettesse anche sul potere della divinità, e quindi qualche lestofante che voleva scampare alla punizione agiva in prevenzione). Ma  i monumenti non servono a preservare la memoria pubblica? E che questi processi postumi si risolvono in operazioni di decontestualizzazione: proseguendo su questa china si pretenderà di abbattere la Colonna Traiana come simbolo dell’imperialismo romano o la reggia di Versailles, che voleva magnificare lo splendore di Luigi XIV, il vero responsabile del Code Noir di cui sopra. E non ci siamo forse indignati quando i talebani hanno distrutto i Buddha di Bamyan?

La statua le statue, occupano lo spazio pubblico, e in certi casi non lo occupa solo quale reperto (come la Colonna Traiana) ma come memoria che deborda nell’attualità .Il  carattere simbolico di una statua, tuttavia, rimane forte anche quando pare dormiente, altrimenti non sarebbero in grado di attirare quest’attenzione vendicativa, e nemmeno la reazione a loro difesa: anche fisica, come nel caso di quella di Churchill a Londra, che dopo l’imbrattamento patito è stata protetta prima con dei pannelli, poi con un’impalcatura, e quasi vede di ronda i militanti di estrema destra che sfilano in piazza gridando che si preservi la sua memoria, un’ironia della storia mica da poco.

Oggi capita di frequente che si rifiuti l’intitolazione di una via a un personaggio immeritevole. E se avesse piantato la propria immagine quando il suo seguito era numeroso ce lo dovremmo invece tenere com’è? Il suo torto era di stare dalla parte sbagliata o di non avere avuto un marmista di fiducia?

Esiste insomma il rischio di scivolare nell’ignoranza, e anche il timore che prendersela con una statua sia una scorciatoia che non risolve i nodi delle questioni scottanti.

Per questo, bisognerebbe separare l’evoluzione dello spazio pubblico dalla coltivazione della memoria: e non distruggere le statue ma conservarle nei musei, perché la loro elevazione racconta un pezzo di storia, e anche quando ci ripugna dobbiamo avere il coraggio di esporlo se vogliamo continuare a comprenderlo. D’altronde qualcuno ha scritto che le statue suscitano l’entusiasmo della” gente” solo in due momenti: quando vengono inaugurate  o quando vengono abbattute. In ogni caso ci vediamo dove c’è la statua.

di Nicola Dario

Categoria: