Editoriali

distefano premiato

Il prestigioso Premio “Martini” al sindaco Giovanni Di Stefano

FRESAGRANDINARIA | L’altra sera nella nuova sede dell’ Ente di formazione Pmi service è stata presentata la nuova legge sui Piccoli Comuni da Maria Amato (deputato), Roberto Di Vincenzo (presidente della Camera di Commercio), Nicoletta Del Re

(dirigente scolastico del Palizzi di Vasto) e dal sottoscritto, in qualità di coordinatore dei alcuni progetti di promozione territoriale. La cronaca dell’evento è stata mirabilmente fatta sia dal collega Luigi Spadaccini che dalla dottoressa Silvia Di Virgilio, i cui articoli sono pubblicati in altra parte del sito. Ciò mi consente, quindi, cogliere l’ occasione di riflessione collettiva, per parlare di un altro fatto importante che pure è pertinente con il vissuto dei piccoli Comuni. Alcuni giorni fa, nella prestigiosa sede della rappresentanza (diplomatica) della Commissione europea di Roma, l’ Associazione dei Comuni  e delle Regioni d’ Europa ha conferito al sindaco di Fresagrandinaria, Giovanni Di Stefano, il prestigioso premio “Gianfranco Martini”. Si tratta del premio più importante che viene dato a chi attua nel modo più proficuo i gemellaggi di città. Periodicamente, in Italia, tra i molti Comuni che stipulano, gestiscono, incrementano iniziative e relazioni tra municipalità, una ventina vengono premiati, in quanto meritevoli. Quest’anno, tra questi c’è anche Fresagrandinaria, il cui sindaco prima della cerimonia ha dovuto spiegare ai colleghi neofiti come fa un piccolo paese di 900 abitanti a partecipare attivamente e da protagonista ad una rete composta da altri dieci Comuni, che vanno dai ventimila ai centomila abitanti. Chi scrive ha seguito l’evento romano e lo ritiene paradigmatico per la stessa legge di cui si è parlato a San Salvo.

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Lo sviluppo economico capitalistico e le politiche non programmate dei flussi migratori contemporanei  hanno notevolmente spopolato le realtà interne, formatesi nelle alture italiane dopo la fine della pax romana e durante l’alto ed il basso medioevo. L’isolamento dei piccoli agglomerati (dovuto alla conformazione orografica ed alla difficoltà di comunicazione viaria) nel corsi dei secoli ha generato vere e proprie comunità con propri idiomi, tradizioni culturali e gastronomiche, caratteri collettivi unici o quanto meno originali. Queste comunità stanno ora scomparendo, perché molte di esse stanno ai limiti del minimo vitale. Una realtà come Fresa è passata dai circa 1500 abitanti dell’immediato secondo dopoguerra agli attuali 948, che tendono ad abbassarsi ulteriormente, perché i ragazzi che mettono su famiglia preferiscono andare a risiedere sulla costa. E nei paese più interni è ancora peggio.

Che c’entra la legge sui piccoli Comuni con i gemellaggi di città ed il premio ricevuto dal sindaco Di Stefano? La legge prevede provvedimenti normativi (probabilmente tardivi) per non far morire i piccoli Comuni italiani, in cui vive ancora un quinto della popolazione nazionale; i gemellaggi Fresa li fa per dimostrare anzitutto a se stessa che esiste e non si rassegna all’inesorabile spopolamento e declino. Insomma la notevole attività relazionale con dieci comuni di tutta Europa è la risposta, forse inconscia, di autostima individuale o collettiva, con l’auspicata riaffermazione di una storia identitaria e secolare. I gemellaggi consentono di esportare, far vedere all’estero, far conoscere a gente di lontano la propria realtà locale, a partire dai tedeschi, presso i quali gli emigrati poveri degli anni cinquanta erano andati a lavorare, in risposta alla miseria che nella vicina Lentella aveva causato i due morti dello sciopero alla rovescia.

I gemellaggi non risolvono il problema dello spopolamento, ma aiutano a viverlo, perché riaffermano l’identità millenaria di un popolo, che tale si sente. I gemellaggi, tuttavia, possono essere occasione di sviluppo se si passa dalla fase delle relazioni spontanee ed amicali alla costruzione di reti professionali e professionalizzanti, che diventino patrimonio di tutta l’area. Pertanto, di fatto, il premio “Martini” a Giovanni Di Stefano assume il valore di un giusto e prestigioso riconoscimento a tutta una comunità orgogliosa delle sue origini. La qual cosa spiega perché negli anni settanta i fresani erano così innamorati della propria squadra di calcio, perché Pierino Giangiacomo ha potuto e saputo scrivere “Paese natio” e perché il museo dell’arte contadina e delle migrazioni è stato così collettivamente arredato: a livello personalmente tutto questo mi rende orgoglioso delle mie origini fresane.

                                                                                                                                             Orazio Di Stefano