Editoriali

dalema big

La storia si mette male …

San Salvo | In questo tempo “liquido” di cambi repentini, dove non esistono più le ideologie (e neanche le idee), nel quale siamo nel pieno della “privatizzazione della politica” (copyright Ugo Intini) e in balìa della grande finanza, una sola cosa è certa, anzi certissima: le elezioni.

Si possono inventare tutti i più sofisticati marchingegni per accorparle o renderle le più utili possibili al governante in carica, ma è indubbio che il corpo elettorale sarà chiamato alle urna. Ed è altrettanto certo che una (buona) parte di esso a votare ci andrà. Quand’anche votassero meno della metà degli aventi diritto, le elezioni sarebbero valide e chi avrà più deputati sarà chiamato a formare il Governo. Lasciamo perdere come questo sarà (e quali politiche) farà. Ce ne occuperemo a tempo debito. Concentriamo, invece, sulle prospettive elettorali alla luce di quanto sta accadendo nel primo partito italiano che mostra sempre più problemi di tenuta.
Nella prima repubblica il risultato era scontato, perché al maggior partito d’opposizione (Pci) l’accesso al Governo era precluso, ma ciò non ha impedito la tenuta del sistema, almeno fino al ’92, allorquando tutto era pronto per fare ciò che si era già fatto a livello locale: far entrare al Governo chi non c’era mai stato. Alcune forzature (soprattutto di natura giudiziaria) hanno fatto finire tra le braccia di un simpatico ed intelligente miliardario alcuni milioni di voti, alterando di fatto il quadro politico ed istituzionale.
Nella seconda repubblica nel ’94 ha vinto Berlusconi, nel ’96 ha vinto il centrosinistra, nel 2001 ha rivinto Berlusconi, nel 2006 c’è stato un pareggio (ma per due anni ha governato Prodi) e nel 2008 ha rivinto Berlusconi ed ha governato fino al 2011. In quell’anno il fragile meccanismo di quel “bipolarismo bastardo” (copyright Gianni De Michelis) si è arenato, poiché il centrodestra di Berlusconi – Fini e Casini ha perso irreversibilmente questi due e il centrosinistra di Prodi – D’Alema e Bersani ha perso Prodi ed è stato “scalato” da un giovanotto abile ed alquanto spregiudicato. Il tutto mentre il commissario dell’Europa Mario Monti “crepava di tasse il popolo” (copyright un Masaniello qualsiasi), che si ribellava dando milioni di voti ad un nuovo movimento di protesta.
In questa fase, che taluni chiamano albori della terza repubblica, il polo che aveva egemonizzato il ventennio di Berlusconi è “confuso, ma esiste, e una volta riorganizzato voterà per i suoi candidati” (copyright Massimo D’Alema); il polo della reazione a questo “mercimonio della politica” (copyright Antonio Bassolino) è saldo e si candida a governare con giovani veri e non presunti come Luigi Di Maio; il polo del centrosinistra è sostanzialmente diviso tra il cosiddetto Partito della Nazione ed un’area, che sbagli ne ha fatti tanti, ma che oramai è l’unica che può ancora dirsi di sinistra.
Matteo Renzi pensa di poter vincere le prossime elezioni unendo al suo zoccolo duro quel 3% – 4% – 5% di transfughi del centrodestra (Alfano, Verdini, Romano), ma è verosimile immaginare che se non cambia la legge elettorale (che prevede un solo listone) nello stesso momento in cui il Pd candida i destri perde la sinistra (vedasi l’intervista del leader Maximo sul Corriere di oggi).
In tal caso avremo un quadro siffatto: centrodestra a trazione leghista; Pdn ovvero un sedicente centrosinistra senza la sinistra; last but not least, un movimento di bravi ragazzi, ma senza alcuna esperienza di governo.
Dopo le elezioni i poteri forti nazionali potrebbero generare un nuovo Patto del Nazareno, ovvero un accordo tra i due poli “sistemici” contro quello “asistemico”, benedetto dal Fondo monetario internazionale e dalla Massoneria. Ma per l’Italia (e l’Europa) si metterà male, molto male.

Ods