Editoriali

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Perchè Grillo riuscì dove altri non riuscirono?

Fu l’attuale Capo dello Stato, Sergio Mattarella, a firmare e far approvare la prima legge che introduceva in Italia, per il Senato e la Camera dei deputati, un sistema elettorale misto composto da un’ elezione maggioritaria a turno unico per la ripartizione del 75% dei seggi parlamentari;

un recupero proporzionale dei più votati non eletti per il Senato attraverso un meccanismo di calcolo denominato "scorporo" per il rimanente 25% dei seggi assegnati al Senato; un’elezione proporzionale con liste bloccate per il rimanente 25% dei seggi assegnati alla Camera; lo sbarramento del 4% alla Camera.

Questa legge (del 4 agosto 1993 n. 276 e n. 277) faceva seguito al referendum del 18 aprile 1993, che era stato promosso dai Radicali e da Mario Segni ed era teso ad abrogare parti della legge elettorale per il Senato ed introdurre il sistema maggioritario, sulla base del seguente quesito: «Volete voi che sia abrogata la legge 6 febbraio 1948, n. 29, recante "norme per l'elezione del Senato della Repubblica", limitatamente alle parti seguenti: art. 17, secondo comma, limitatamente alle parole "al 65 per cento dei votanti"; art. 18, primo comma, limitatamente alle parole "alla segreteria del Senato, che ne rilascia ricevuta, qualora sia avvenuta la proclamazione del candidato e, nel caso contrario"; art. 19, primo comma, limitatamente alle parole "o delle comunicazioni di avvenuta proclamazione"; secondo comma, limitatamente alle parole "presentatisi nei collegi"; terzo comma, modificato dall'art. 1 della legge 26 aprile 1967, n. 262, limitatamente alla parola "suddetti"; ultimo comma, limitatamente alla parola "soltanto" nonché alle parole "il candidato che in detto collegio ha ottenuto il maggior numero di voti validi, e"?».

Il risultato referendario fu plebiscitario a favore dell’ obiettivo maggioritario: 28.936.747 VOTI (PARI AL 82,74%) CONTRO 6.034.640 VOTI (PARI AL 17,26%)

Tanto il referendum quanto la Legge Mattarella (successivamente chiamata Mattarellum) sancivano sul piano giuridico normativo ciò che era politicamente acclarato: il sistema partitocratico, nato dalla Resistenza repubblicana e durato dal 1946 fino alla caduta del Muro di Berlino, era definitivamente finito.

Dalla Liberazione in poi avevano governato i partiti politici, peraltro in un quadro internazionale basato sul duopolio Nato – Patto di Varsavia. Il quadro politico – costituzionale interno ricalcava il duopolio internazionale con i partiti maggiori Dc e Pci, che facevano riferimento rispettivamente agli Usa ed all’ Urss.

Poiché il Pci, avendo contribuito a liberare il Paese e a scrivere l’ originaria Costituzione repubblicana, poteva stare in Parlamento, ma non fare parte del Governo (da cui era stata cacciato nel 1947, per impulso degli Stati Uniti. Una cosa analoga era accaduta anche in Francia), la lunga stagione della cosiddetta prima repubblica (1948 – 1992) non prevedeva alternative di Governo. La qual cosa aveva causato incrostazioni e malversazioni, dovute alla longeva permanenza al potere sia dei partiti governativi  (Dc – Psi –Psdi – Pri – Pli), che dell’ Opposizione (Pci). Per cui, dopo la Caduta del muro, ci si cominciò a sentire più liberi di invocare, determinare e realizzare un ricambio politico.

Il primo ad accorgersi di questa nuova fase, sul piano istituzionale, fu il presidente della Repubblica, Francesco Cossiga (settennato 1985 – 92), che iniziò a “picconare” il sistema politico-parlamentare.

Lo seguirono, sul piano politico, pezzi interi della Dc (Mario Segni, Rosy Bindi e Leoluca Orlando. Quest’ ultimo uscirà dal partito, per fondare la Rete). Non che Segni, Bindi ed Orlando fossero sulla stessa linea, ma cominciarono insieme a mostrare segni di insofferenza verso il quadro politico di riferimento).

Lo seguirono, sul piano parlamentare, il Pri, che, con Giorgio La Malfa, usci dal Governo in cui aveva partecipato dal dopoguerra quasi ininterrottamente: solo la sconfitta alle elezioni politiche del 1953 aveva favorito una pausa di riflessione all'interno del partito (sceso all'1,6%), cosa che determinò un appoggio saltuario dei governi centristi post-degasperiani (1953–1962), senza parteciparvi.

Lo seguirono, sul piano giudiziario, il procuratore capo della repubblica di Milano, Saverio Borrelli, che consentì ad un suo giovane pubblico ministero, Antonio Di Pietro, di condurre un’ indagine sulle tangenti ricevute dal sistema politico, corrotto ed ingordo.

Lo seguirono, sul piano mediatico, i principali quotidiani italiani (a partire dalla Repubblica e dal Corriere della Sera) e i tre telegiornali privati (di Canale 5 e Rete 4, del Gruppo Fininvest).

Lo seguirono, sul piano elettorale, i cittadini italiani, che nel ‘ 92 non confermarono (sia pure di poco) la maggioranza al vecchio quadro politico. Infatti, quelle elezioni segnarono alcune importanti novità:

  • La prima netta affermazione dellaLega Nord e della Rete, due formazioni di recente fondazione, sviluppatesi una nell'Italia settentrionale, l'altra nel Meridione, che registrarono un vero e proprio boom, facendo della moralizzazione e del rinnovamento politico dei veri e propri cavalli di battaglia: il movimento leghista passò da 2 parlamentari (un deputato e un senatore) a 80 (55 eletti alla Camera, 25 eletti al Senato), mentre quello fondato dall'ex democristiano Leoluca Orlando ottenne buoni risultati soprattutto a Palermo e Torino, eleggendo 15 parlamentari su scala nazionale (12 deputati e 3 senatori).
  • Il calo di consensi investì quasi tutti i maggiori partiti: laDC calò dal 34,31% al 29,66% ottenendo il suo minimo storico, non superando il 30% dei consensi per la prima volta in un'elezione di rilevanza nazionale; il PSI, che nelle precedenti consultazioni aveva toccato i suoi massimi storici, scese di un punto percentuale, subendo per la prima volta dal 1979 una flessione; PRIPLI e PSDI conservarono le loro posizioni. Il PDS e il PRC, eredi del disciolto PCI, persero quasi il 5% dei voti.
  • Ilquadripartito al governo (DCPSIPSDI e PLI), conservò comunque la maggioranza assoluta dei seggi, ma si fermò al 48,85% pari a 331 seggi alla Camera e 163 al Senato, risultato che rese difficile la formazione di una forte maggioranza parlamentare. La maggioranza era ridotta al lumicino, ma in sostanza lo era anche l'opposizione tradizionale.

Lo seguirono, sul piano referendario, Mario Segni ed i radicali di Marco Panella, che promossero il referendum e capitalizzarono il malcontento, che si tradusse nel 82,74% di voti contro la legge proporzionale, rea di aver prodotto troppi, frammentari e litigiosi partiti.

Fu in questo quadro politico-sociale e nel tentativo di riconquistare la fiducia presso gli elettori delusi che quel Parlamento partorì la legge Mattarella, che introduceva per i 3/4 l’elezione maggioritaria.

Gli effetti della nuova legge elettorale e del mutato quadro politico, con i principali leader del precedente Governo sotto inchiesta per corruzione e mafia, partirono alle successive elezioni politiche del 27 marzo 1994 tre blocchi o, per meglio dire, due blocchi e mezzo:

  • Primo blocco del 42,85%, capitanato da Silvio Berlusconi (cosiddetto Polo della Libertà e de Buon Governo, di centrodestra, composto da ex Msi, Lega Nord, i democristiani di Casini ed  il nuovo parito di Berlusconi, chiamato Forza Italia);
  • Secondo blocco del 34,34%, capitanato da Achille Occhetto (cosiddetto dei Progressisti, di sinistra, composto da ex Pci, Verdi, La Rete e i socialisti, schieratisi a sinistra);
  • Terzo blocco del 15,75%, capitanato da Mario Segni (cosiddetto Patto per l’ Italia, di centro, composto da ex democristiani del Ppi ed il Patto Segni).

Il primo blocco, sia pure col 42,85%, si aggiudicò la maggioranza dei seggi alla Camera e la quasi maggioranza al Senato e formò il primo Governo della seconda repubblica, con a capo Silvio Berlusconi.

Ma lungi dall’essere più stabile del precedente e dall’ avere meno partiti, la seconda repubblica produrrà nei suoi primi sei anni (cioè dal 1994 al 2000) ben sei Governi:

  1. Berlusconi I dal 11 maggio1994 al 17 gennaio1995;
  2. Dini dal 17 gennaio1995 al 18 maggio1996;
  3. Prodi dal 18 maggio1996 al 21 ottobre1998;
  4. D’ Alema I dal 21 ottobre1998 al 22 dicembre1999;
  5. D’ Alema II dal 22 dicembre1999 al 26 aprile 2000;
  6. Amato II dal 26 aprile2000 al 11 giugno 2001.

Proprio nel 2000 si immaginò di superire questo bipolarismo, che l’ex ministro degli esteri, Gianni De Michelis, definirà “Bipolarismo bastardo”, tanto è vero, che il Primo Governo Berlusconi era stato mandato in crisi da Umberto Bossi. Il quale, uscito dalla maggioranza di centrodestra, aveva appoggiato il primo Governo tecnico della seconda repubblica (Governo Dini), per poi presentarsi come terzo Polo (“fuori da Romapolo e Romulivo”).

Il primo tentativo di superare il “Bipolarismo bastardo” fu fatto alle elezioni del nel 2001 dall’ ex leader della Cisl, il democristiano Sergio D’ Antoni, che, pur appoggiato da Giulio Andreotti, prese un misero 2,39%. Il suo generoso tentativo di non essere prigionieri dei due schieramenti (Casa della Libertà ed Ulivo) abortì.

Il secondo vero tentativo di superare il “Bipolarismo bastardo” fu fatto sette anni dopo (nel 2008) da Casini, che prese il 5,62%.

Il terzo tentativo di superare il “Bipolarismo bastardo” fu fatto cinque anni dopo ancora (nel 2013). Infatti, Casini ci riprovò con Gianfranco Fini, che nel frattempo si era anche lui allontanato da Silvio Berlusconi. Insieme il 15 dicembre 2010 diedero vita al Nuovo Polo per l’ Italia, che il 25 gennaio 2011 sarà ribattezzato Polo della Nazione, come coordinamento fra gruppi parlamentari, costituita da Pier Ferdinando Casini per l'Unione di CentroGianfranco Fini per Futuro e Libertà per l'ItaliaFrancesco Rutelli per Alleanza per l'Italia e Raffaele Lombardo del Movimento per le Autonomie, a cui hanno preso parte anche il Partito Liberale Italiano di Stefano De Luca e l'associazione Verso Nord guidata dall'ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari. Esso diventerà una coalizione elettorale, capitanata da Mario Monti (presidente del Consiglio uscente del secondo Governo tecnico della seconda repubblica). Questa coalizione fuori dai due principali schieramenti di centrodestra e centrosinistra si fermò al 10,56% alla Camera.

Tra il primo tentativo del democristiano D’ Antona e l’ultimo (appena visto) del democristiano Casini (col supporto del tecnocrate Monti) ci sono stati altri leader e movimenti che hanno tentato di demolire il “Bipolarismo bastardo” nel suo primo ventennio (1994 – 2013) e prima ancora ci sono stati “ liste di  disturbo” fuori dai Poli. Vediamoli tutti, con le relative performance:

  1. 1996 Umberto Bossi, che raccolse il 10,07 %;
  2. 2001 Sergio D’ Antoni, che raccolse il 2,39%,
  3. 2001 Fausto Bertinotti, che raccolse il 5,03 %;
  4. 2008 Pierferdinando Casini, che raccolse il 5,62 %;
  5. 2008 Enrico Boselli, che raccolse l’ 0,98%;
  6. 2008 Fausto Bertinotti, che raccolse il il 3,12%;
  7. 2013 Antonio Ingroia (con Antonio Di Pietro), che raccolse il 2,25%;
  8. 2013 Mario Monti, che raccolse il 10,56%.

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Dunque, Bossi, D’ Antoni, Bertinotti (due volte), Casini; Boselli, Ingroia (con Di Pietro) e Monti non riuscirono a “sfasciare il Bipolarismo bastardo”. Arrivarono al 10% solo Bossi nel ’96 e Monti nel 2013. Gli altri leader arrivarono al 5% massimo e in 4 casi (D’ Antona, Boselli, Bertinotti nel 2008 ed Ingroia) su 8 non riuscirono neanche a diventare parlamentari.

Differentemente dai predetti, Beppe Grillo ha demolito la seconda repubblica, con un (inaspettato) 25,56% nel 2013 e con un (atteso) 32,66% nel 2018.

Come ha fatto ad arrivare il Movimento 5 Stelle a percentuali elettorali di massa, considerando che dieci anni prima (nel 2008) alle comunali di Pescara (tanto per fare un esempio a noi vicino) il candidato sindaco Stefano Murgo della Lista Civica Pescara in Comune By Amici di Beppe Grillo aveva preso solo 1.669 voto (pari al 2,0%) ?

Rispondendo a questa domanda, si capiranno la genesi e l’affermazione del Movimento, sul piano sociale prima che politico, e si comprenderanno anche le scelte fatte (o non fatte) dal primo gruppo parlamentare italiano (in seggi), che risultano spesso incomprensibili.

Per rispondere e capire perché è riuscito al comico Grillo ciò che non era riuscito a politici come Bossi, D’ Antoni, Bertinotti (due volte), Casini, Boselli, Ingroia (con Di Pietro) e Monti, promuoveremo due focus: uno attraverso un Chi c’è, c’è con persone che hanno simpatizzato per i vari terzo polisti - istituzionali e uno attraverso interviste a pentastellati della prima ora, che hanno creduto nel Progetto di Beppe Grillo (fuori dalle istituzioni).

Luca Branda

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