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Media e opinione pubblica

Orazio nel suo editoriale “il sistema che non sbaglia mai” metteva in evidenza la discrasia di trattamento che esiste nello Stato italiano tra i più deboli e più forti. Ne aveva già parlato Leonardo Sciascia nel 1978

quando all’interno dello scritto L’affaire Moro diceva, “Lo Stato italiano è forte con i deboli e debole con i forti”, sicuramente descriveva questa differenza di uso del potere, sotto un altro aspetto e in un altro contesto, ma certamente questo può essere un problema ancora attuale.

Vero è, che il potere statale si esplica attraverso il potere legislativo, esecutivo e giudiziale e prende forma attraverso le funzioni di questo organo, ma ho deciso di analizzare il cosiddetto quarto potere, cioè quello dei mezzi di comunicazione. Vorrei quindi mettere in evidenza come funziona il mondo dei media e ripercorrere la loro evoluzione storica, così da permetterci di capire come oggi il mondo dell’informazione si possa considerare a tutti gli effetti alla pari degli altri tre.

Fin dalla Prima Guerra Mondiale si iniziò a capire l’importanza della “propaganda” attraverso la stampa. Wilson istituì la Commissione Creel con lo scopo di entrare in guerra contro la Germania, e riuscì a trasformare l’opinione pubblica da una massa pacifista a una folla isterica e guerrafondaia. Questo esempio, il primo nella storia contemporanea, ci fa capire come già agli inizia del ‘900 si era capito quanto fosse importante portare l’opinione pubblica dalla propria parte.

Lippmann pensava che era meglio utilizzare la propaganda per il costruire consenso all’interno della democrazia perché secondo lui esistevano due tipi di cittadini: il branco confuso e la classe specializzata. Quindi possiamo identificare gli anni che vanno dall’inizio del ‘900 fino agli anni ’60, come gli anni in cui si definisce il potere della stampa e in particolare si mette in evidenza l’uso della propaganda tramite essa.

Bisognerebbe prendere in considerazione la propaganda nei regimi autoritari e totalitari tipici del primo dopoguerra europeo, ma, trattandosi di casi particolari e ricchi di peculiarità, preferisco trattarli separatamente in futuro.

Facciamo un salto direttamente negli anni ’60, l’epoca della televisione, quando diventò la principale fonte di informazione per i cittadini dei paesi democratici. Inoltre, nello stesso periodo hanno preso piede interpretazioni negative del ruolo dei mass media nella società. Dalle critiche della Scuola di Francoforte a quelle di Popper.

Vediamo in particolare gli anni ’90 italiani in cui l’uso della televisione si è legato a doppio filo con la politica. In particolare il berlusconismo è stato fondato sull’uso della televisione a scopo promozionale e propagandistico e sull’uso dei sondaggi.

Infine arriviamo oggi in una situazione di convergenza mediatica dove alla televisione si sono sovrapposti internet, pc, tablet e smartphone. Non esiste più un solo medium ma ne esistono diversi che con diversi linguaggi, a seconda della piattaforma, trasmettono un messaggio. L’avvento del web 2.0 ha portato molte opportunità, e una di queste è sicuramente l’uso dei social network. Ma siamo sicuri che questa libertà amplificata dall’immediatezza con cui ci esprimiamo all’interno dei social sia realmente vera o anche qui siamo in un certo senso passibili di “propaganda”?

Per l’analisi critica prendo d’ ispirazione Chomsky e in particolare il libro “Il potere dei media”. Qui Chomsky sottolinea come l'internazionalizzazione dell'economia si è accelerata, e questo ha portato ad una crescente concentrazione del potere nei grandi agglomerati industriali transnazionali, che dominano sempre di più il commercio mondiale. La massa di capitali non regolati è cresciuta a livelli astronomici, ed è radicalmente cambiata di natura. Oggi, la maggior parte del capitale (90%) nelle transazioni internazionali è destinato alla speculazione finanziaria, e non ad investimenti produttivi o al commercio. Questi fenomeni accrescono la divisione fra ricchi e poveri nel mondo intero: le retribuzioni ristagnano o diminuiscono mentre i profitti raggiungono nuovi record. Le società ricche si caratterizzano da isole di grande privilegio nel mezzo di un mare di miseria. Il potere si è concentrato in istituzioni che sono totalitarie nella loro struttura interna, che non rispondono del loro operato e sono in larga misura libere dal coinvolgimento del pubblico. Questi gruppi continuano a fare affidamento sugli Stati nazionali per proteggere le classi agiate. E questi gruppi sono anche quelli che hanno la stampa, la radio e la televisione dalla loro parte perché ne sono proprietari. Lui infine non arriva, in questo libro, ad analizzare il ruolo dei social network che comunque seguono le regole del profitto.

Al giorno d’oggi siamo liberi di dire ciò che vogliamo e pensiamo, ma siamo sicuri che quando ci informiamo, sui social, non siamo in qualche modo passibili di influenza? Diciamocelo chiaramente quando siamo sui social noi mettiamo “mi piace” e quindi scambiamo informazioni con quello che è più congeniale a noi, non mettiamo il like a ciò che non vogliamo sentire o leggere. Questo provoca un fenomeno chiamato echo chamber, sentiamo, leggiamo, vediamo solo quello in cui crediamo e il nostro pensiero si rafforza. Un cane che si morde la coda. Non lasciamo spazio al confronto e al diverso. Senza poi pensare a tutte le fake news che prendiamo per vere senza mai controllare. Il potere dei media è ormai consolidato da un secolo e in continua evoluzione.

Angelo D’Angelo