Inclusione di Sansalvomare

dilello gianluca

Quale integrazione?

Salve a tutti e tutte i lettori e lettrici di sansalvomare.it -inclusione, prima di esprimere le mie considerazioni a riguardo del delicatissimo argomento che in questi giorni sta interessando la Nostra comunità voglio presentarmi.

Innanzi tutto ringrazio Orazio e Vitalina che ci danno la possibilità di avere questo spazio. Io sono Gianluca, ad ottobre compirò 25 anni, sono cresciuto a San Salvo e fin da quando ero bambino, grazie al contributo della mia famiglia ho imparato ad amare e apprezzare il nostro territorio e la nostra città, che ho lasciato all' età di 20 anni per andare a Bologna dove ho conseguito la laurea in Sviluppo e cooperazione internazionale, corso triennale di Scienze politiche. Dopo aver finito questo percorso di studi sono tornato a San Salvo, dove per alcuni mesi e ho aiutato la mia famiglia nella nostra piccola azienda agrituristica. In questo momento sto scrivendo dalla mia stanza ad Oxford, Inghilterra.

Mi trovo qui per due semplici ragioni: la prima è la necessità di migliorare il mio inglese e la seconda è la voglia di conoscere e capire cosa significa vivere all' estero.

Torniamo a noi, in questi giorni dopo la richiesta del Sindaco al prefetto di riconsiderare la decisione presa sulla nuova iniziativa di accoglienza a San Salvo ho pensato alcune cose, e ho provato due sentimenti diversi.

Il primo, è la SOLIDARIETA' ai migranti, nonostante non sia né un richiedente d' asilo né un rifugiato politico sono comunque un immigrato (come lo è stato mio nonno negli anni '50) e in questo momento sto iniziando ad INTEGRARMI in una comunità e in una società diversa dalla mia. Dalle prime impressioni ho captato che in Gran Bretagna, sicuramente per la loro storica esperienza coloniale del Commonwealth, sono abituati ad un concetto chiamato MULTICULTURALISMO, ovvero vengono riconosciuti i valori e la dignità di ogni cultura. Come tutti sappiamo anche loro hanno dei problemi ma comunque la paura del diverso non è percepita.

Il secondo sentimento è quello di RABBIA, perché nonostante stiamo salvando molte vite e in Europa, questo è un vanto, il nostro Stato sta gestendo questa situazione in malo modo. Solo se pensiamo che l'Italia per rilasciare la documentazione utile a circolare liberamente sul territorio nazionale ed europeo impiega all' incirca 12 mesi e a questo ci aggiungiamo che c'è qualcuno che sulla pelle delle povere persone sta guadagnando tanti soldi, si parla di miliardi di Euro che in termini di PIL si traducono nel 8.8% (1)

Per continuare ad esistere questo sistema giova sicuramente a qualcuno, non escludo le varie parti politiche che spesso strumentalizzano questo tema per incanalare malcontenti e di conseguenza voti. Vorrei ricordare che dei famosi 30 euro giornalieri solo 2,50 euro finiscono in tasca al migrante, il resto vengono intascati da chi si “occupa” di loro e di conseguenza da chi è ancorato a questo sistema poco efficiente.

Quindi mi vien da dire che questo tipo di gestione è fallimentare sia dal punto di vista sociale che economico:

  • sociale perché creando centri che accolgono molte persone, spesso situati nelle periferie, si rischia di innescare l'isolamento fisico e sociale, processi che possono portare alla ghettizzazione o all' “auto-ghettizzazione”, che sicuramente non produce niente di buono dal punto di vista dell'INTEGRAZIONE;
  • economico poiché i soldi prodotti da questo servizio non sono equamente distribuiti, ovvero vanno a finire nelle tasche di pochi.

Ho notato che l'articolo del mio caro amico Angelo D' Angelo è nata una bella discussione, quindi per concludere vorrei porre dei quesiti:

 A prescindere dagli ideali politici, perché focalizziamo l'attenzione sull' immigrato?

Perché vogliamo dare risposte precise al fenomeno dell'immigrazione? (che io definisco un fenomeno naturalissimo dato che abbiamo delle gambe e siamo fatti per muoverci e soprattutto è un fenomeno sempre esistito)

Perché noi gente che siamo contro questo tipo di gestione dell'immigrazione non individuiamo bene quali sono gli obiettivi comuni?

Io personalmente penso che solo creando degli obiettivi comuni, partendo dal basso, si possa innescare quella cooperazione vera che manca a tutti i livelli, da quello dei piccoli territori a quello europeo. Unica via perseguibile per maturare un vero metodo di INTEGRAZIONE e di SVILUPPO che per ora non è ben definito.

Gianluca Di Lello

(1) dati analizzati dalla Fondazione Leone Moressa, studi e ricerche sull' economia dell'immigrazione