Inclusione di Sansalvomare

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La seconda politica. Vie femminili alla gestione del potere

Partiamo dall'analisi "scientifica" fatta dal dott. D'Angelo per portare alla luce alcuni paradossi ed incomprensioni che si generano quando si parla di potere femminile.

 

La parte del discorso a cui rivolgerò maggiormente la mia attenzione è quella riguardante lo stereotipo.

Quando una donna arriva a ricoprire un ruolo di potere, lo fa con l'appoggio di coloro che la sostengono anche in quanto donna, perché vedono in lei, oltre all'abilità politica o amministrativa, anche quei caratteri di empatia e responsabilità sociale che ci fanno sentire al riparo dai soliti giochi di potere.

Ma cosa succede se una volta arrivata al potere, la donna si comporta come un uomo?

Nella fattispecie della nostra amministrazione questo caso non è affatto immaginario. Come riporta nel suo articolo di qualche giorno fa Orazio Di Stefano, la leadership del sindaco, forte di un consenso incredibilmente alto, non si è fatta scrupolo di formare la giunta e distribuire le deleghe in modo da blindare in maniera definitiva il proprio potere. Non solo, la sua azione ha anche di fatto impedito ad alcuni dei suoi più stretti collaboratori di "proiettarsi politicamente" verso la Regione o Roma.

Se questa operazione, degna del più temibile e spregiudicato maschio alfa, porterà anche i suoi frutti in termini di qualche miglioramento delle condizioni della città è tutto da vedere.

Ma non avevamo detto che il popolo aveva acclamato il sindaco in quanto donna?

Ed è qui che entra in campo lo stereotipo a cui accennava Angelo. In un tipo di società basata soprattutto sull'apparire, quello che conta è il messaggio che arriva al pubblico. E il pubblico non cerca altro che un comportamento fortemente stereotipato, la più trita rappresentazione dell'angelo del focolare, proprio come una donna dovrebbe essere. ("Una femmina fatta a femmina, dicono i miei amici lucani").

Non a caso  il maggiore apprezzamento che viene rivolto all'amministrazione sansalvese non è "ha agito bene", ma "ha saputo comunicare bene".

(Ovviamente rientra in questo gioco delle parti anche la retorica della "donna forte", altro stereotipo che andrebbe analizzato meglio, visto che ci sono donne che arrivano a certe posizioni non essendo affatto forti, e altre che sono sì forti ma si ammantano di una femminilità che è puramente di facciata).

A questo punto si pongono due interrogativi:

  • Come dovrebbe essere una gestione della politica genuinamente femminile (e non solo apparentemente tale)?
  • Sarebbe prudente da parte di una donna al potere abbandonare tutto l'armamentario bellico che ha permesso agli uomini di restare saldamente al comando dalla notte dei tempi? Sarebbe giusto chiederle di correre il rischio di rimanere "scoperta"?

Vediamo.

La donna è nella sala, non è sola, si guarda intorno, è la più alta in carica. Gli altri aspettano che lei parli e gli affidi un ruolo. Da quello che lei deciderà che essi dovranno fare, capiremo se la battaglia è stata vinta in nome di una rivoluzione e del riscatto di un genere o se si tratta solo dell'ennesimo capitolo del potere maschile, seppure in disguise.

Perché la donna chiama, chiede aiuti e pareri, vuole sapere cosa ne pensi. Alla fine sarà lei a decidere, ma intanto è conscia dell'incompletezza propria di ogni essere umano, e quindi anche della sua. Sa che non può fare sempre tutto da sola, che c'è sempre un modo per migliorarsi, e questo modo passa attraverso gli altri, quello che gli altri vedono e sanno.

La decisione sarà sua, ma nel decidere non si priverebbe di altri occhi e di altre idee.

Questa condivisione pre-decisionale, però, può avvenire solo in un ambiente di totale fiducia e per questo totalmente empatico.

La costruzione di questo ambiente, questa confidenza (nel senso di una totale apertura) potrebbe essere il capolavoro femminile, un luogo sicuro a capo del quale la donna riconosce meriti e responsabilità dei suoi collaboratori. E tutto questo al solo scopo del raggiungimento del fine, della realizzazione del progetto.

La donna delega, e questo la espone al rischio di tradimenti e scalate altrui. Ma questo è anche il terreno dove può mettere al mondo una nuova faccia della forza, un modo nuovo di avere potere in cui il paradigma del successo non è il potere fine a se stesso ma il raggiungimento dello scopo.

Ottimi risultati in questo senso cominciano ad essere apprezzati nel privato dove alcuni studi riscontrano una proporzionalità tra crescita di leadership femminile e crescita del fatturato aziendale grazie ad una maggiore empatia verso la clientela, spirito di collaborazione e crescita dell'innovazione.

(Tra i miei collaboratori, io scelgo te per questo compito, non perché qualcuno me l'ha chiesto o perché sei scomodo e devo tenerti buono, ma ho un progetto e per realizzarlo ho bisogno di te in questa posizione)

Per quanto riguarda il secondo interrogativo, io rispondo sempre con la stessa monotona esortazione: bisogna avere coraggio, e confidare nel prestigio che ci viene dall'essere amati e rispettati, non affidarsi sempre al timore che incutiamo negli altri.

E poi questo atto di coraggio ogni donna lo deve a quelle che prima di lei hanno lottato perché potesse votare, studiare e girare il mondo. Ridurre decenni di battaglie ad una semplice indistinguibile sovrapposizione col potere maschile sarebbe irrispettoso ed imperdonabile

Silvia Di Virgilio