Editoriali

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Piero D’Andreamatteo: un vero combattente

PESCARA |  Dopo una lunga malattia, Piero D’ Andreamatteo ci ha lasciato. Nella prima repubblica era stato militante socialista, capo della sinistra del Psi abruzzese, sindacalista della Cgil, consigliere comunale di Pescara, consigliere ed assessore

regionale, con delega all’ ambiente ed infine deputato. Nella seconda repubblica è stato militante socialista, poi investito, come noi tutti del resto, dalla diaspora a cui non si è mai rassegnato, come noi tutti del resto. E per questo aveva cercato, sempre e solo da socialista, di partecipare a varie esperienze politiche, comprese le elezioni comunali di Pescara nel ’98, in cui aveva promosso una lista civica, di cui era il candidato alla carica di sindaco. Durante quella campagna elettorale, lo andai a trovare in quello che era il suo quartier generale e trovai la sua anticamera piena, zeppa di elettori. Entrai senza bussare e gli dissi: “A Piè, ma siamo tornati al Governo ?”. Si mise a ridere ed iniziammo a parlare, da amici e compagni di sempre. Infatti, per me non era l’ex onorevole D’ Andreamatteo, ma il mio amico Piero, come è mia amica Miriam. Di lui, di loro ho, ovviamente, tanti ricordi. Piero me lo rivedo spesso (e me lo continuerò a rivedere) su youtube dietro a Craxi, quando il vecchio leone socialista, accerchiato da tutti, alla Camera invitò i deputati a “giurare in senso contrario” di non aver mai preso finanziamenti (ai partiti) irregolari o illegali. Ovviamente nessuno osò alzarsi, perché “presto o tardi i fatti l’avrebbero dichiarato spergiuro”. Ricordo quella volta che, per la sua elezione alla Camera, Piero doveva essere sostituito nella Giunta regionale. Il suo sostituto spettava, per equilibri interni, alla sinistra socialista, ma la maggioranza susiana riuscì a far passare Romano Liberati. Ce lo disse lui stesso a me ed Ennio Artese, al Baron Music, dove Santino Di Rocco lo aveva invitato per un incontro. Ci  annunciò che avrebbe accettato quella scelta, perché “era meglio avere torto nel partito, che ragione fuori”, ma che non si sarebbe rassegnato ed avrebbe continuato a fare le battaglie di sempre nella minoranza del Psi (quelli non era tempi in cui si usciva dalla “casa-madre”). E le battaglie di sempre, da socialista, Piero continuò a farle, anche dopo la scomparsa del Psi: era un battagliero, uno che non si rassegnava alla politica senza il rispetto delle organizzazione sindacali, senza i partiti, fatta di annunci e degli estemporanei movimenti della società liquida. Era uno, che, come tutti noi, credeva nella possibilità di ciascuno di incidere nella vita pubblica, di poterla cambiare o gestire, attraverso la propria militanza ed i ruoli che ci si conquistava o che ci  venivano affidati. Non riusciva a rassegnarsi al fatto che poteri forti ed invisibili potessero chiudere fabbriche, far fallire le banche, nominare o far nominare i capi di governo. Insomma, credeva nella politica e nei partiti, nell’ impegno politico e nell’impegno nei partiti e nelle organizzazioni di massa. Lo stesso suo ultimo coinvolgimento nella Federanziani, dove l’aveva coinvolto la moglie Miriam (che lui seguiva fedelmente ed amorevolmente), era figlio di questa convinzione: che ci si dovesse quantomeno associare nelle organizzazioni, per incidere nella formazioni delle leggi o nelle abitudini quotidiane. Piero era convinto che lo strapotere di multinazionali, lobby e grandi gruppi editoriali potesse essere controbilanciato dall’unione delle masse popolari nei partiti e nei sindacati. In questo era profondamente socialista. E per questo ha vissuto, dandone sempre testimonianza personale, soprattutto quando il Psi era stato colpito a morte da tangentopoli. Anche allora ne parlammo, francamente pensando che si trattasse di un complotto contro di noi. Più tardi ci saremmo accorti che erano partiti da noi, per poi colpire tutti gli altri. Infatti, dopo l’abbattimento della tradizione socialista è toccato a quella del cattolicesimo democratico ed ora tocca a quella comunista. Anch’essa rottamata da quella politica (se così può chiamarsi) a servizio dei poteri forti, che vive di annunci e spoglia ancor più la povera gente, grazie anche alla liquefazione delle idee ed alla cultura passeggera nella società dell’immagine. Perché raccontare queste cose parlando della vita finita di un amico ? Perché Piero D’ Andreammatteo è stato un vero combattente ed il modo migliore di ricordarlo è raccontare la secolare battaglia socialista, la fruttuosa militanza ottocentesca e novecentesca, che ha dato senso alla vita di noi tutti e di Piero, in modo particolare. Miriam può essere orgogliosa di lui e dell’impegno con cui ha servito la causa del lavoro e dell’ Abruzzo, nella stagione dei diritti conquistati dai partiti nati nell’ ottocento.

                                                                                                                                                             Orazio Di Stefano