Editoriali

democrazia social

Un’ analisi piu’ profonda

Venerdì a Vasto mi sono preso un caffè con il senatore Castaldi, che non era potuto venire al Chi c’è, c’è dell’altro ieri, ma se l’era visto, divertito e compiaciuto per l’intervento di Angelo Pagano…e non solo. Tutte le analisi del voto, per noi appassionati di politica,

sono belle ed utili, perché ciascuno dalla sua prospettiva aggiunge elementi nuovi e completa la diagnosi elettorale, oggettivamente composita e complessa. Per questo voglio proporre un’ ulteriore analisi (da una prospettiva storica), che va ben oltre le singole colpe di Renzi o Berlusconi ed i singoli meriti di Salvini o Di Maio.

Questa analisi parte (provocatoriamente) da Adamo ed Eva. Ossia parte dall’organizzazione sociale umana, che dalle origini è stata basata sulla natura “pesce grande mangia pesce piccolo – homo homini lupus” (Marx avrebbe detto: patrizi sfruttano plebei, uomini liberi sfruttano schiavi, borghesi sfruttano proletari, ecc...) Ad un certo punto, però, i pesci piccoli hanno capito che mettendosi insieme avrebbero potuto cambiare l’ ingiusto ordine sociale naturale e che addirittura sarebbe stato possibile per i pesci piccoli diventare grandi o meglio per i poveri diventare ricchi (ciò che più tardi si sarebbe chiamato ascensore sociale). Anche i pesci grossi (capitalisti) capirono che per evitare di essere mangiati dai piccoli (proletari uniti) con le rivoluzioni (come quella che ci sarebbe stata in Russia nel ’17 ed in Cina nel ‘49) bisognava mitigare le ingiustizie sociali (per dirla con Olof Palme, bisognava tosare la pecora capitalista e non ucciderla). Quindi, il capitalismo (manifatturiero ) accettò il socialismo democratico o il keynesismo.

La mitigazione socialdemocratica keynesiana dell’ingiusto capitalismo ha funzionato per tutto il novecento, basandosi sull’intervento dello Stato nell’economia e nella forza dei partiti di massa come contraltari dei poteri forti economico-finanziari e multinazionali. Il suo funzionamento ha garantito lo studio ai poveri e la loro emancipazione, il diritto alla salute per tutti, il lavoro nelle zone disagiate (all’ Aquila o Campobasso lo Stato ha realizzato mega caserme della Guardia di Finanza e dei Carabinieri per generare economia e benessere, da noi il Governo ha realizzato la Siv). Da qualche tempo il sistema sociale socialdemocratico (il nostro era sui generis, perché aveva a capo la Dc, che era di fatto un partito socialdemocratico, ma cattolico e quindi con l’idea della carità e del perdono-condono) è andato in crisi, a causa della globalizzazione che ha generato il capitalismo finanziario, in cui non si sa chi è il padrone di un’azienda, perché la proprietà è degli azionisti che chiamano alla gestione dei manager licenziabili come se fossero operai. In Europa alla globalizzazione si sono aggiunte anche ferree regole contabili sulle entrate ed uscite pubbliche (il famoso 3% nel rapporto debito/pil). In Italia alla globalizzazione del capitalismo finanziario ed al predetto 3% vanno aggiunti: un sostanzioso debito pubblico (generato dal clientelismo della prima repubblica, ma notevolmente lievitato durante la seconda) e l’economia assistita quanto non criminale del sud. Tutto questo ha mandato in vacca il socialismo democratico ovvero la possibilità di aiutare la povera gente con la leva delle risorse pubbliche.

L’elettorato di sinistra forse non ha fatto un’ analisi storico-politologica sulla fine del socialismo democratico (inteso come sistema sociale), ma ben ha compreso che l’ascensore sociale si era fermato, che i ragazzi sono costretti ad emigrare e che la sanità non funziona più come una volta. Anzi, vedendo che Profumo andava a votare alle primarie del Pd italiano o che la Clinton se la faceva coi bancari, tale elettorato ha abbandonato i partiti del cosiddetto movimento operaio. In Italia ha votato alle 5 Stelle (cinque anni fa dando loro il 25% e stavolta addirittura il 32%). In Germania addirittura i movimenti xenofobi e neonazisti. In America la classe operaia ha votato un tycon, tale Donald Trump. Domenico De Masi ha dimostrato che il Pd prende i voti ai Parioli, mentre Di Maio nelle periferie romane, indipendentemente dalle performance della Raggi).

Cosa faranno ora le 5 Stelle, avendo occupato l’area elettorale classica della sinistra, che sembra avviata verso la diaspora politica ? Bisogna vedere se saranno capaci di ripristinare le politiche socialdemocratiche, con l’ uso della leva pubblica per elevare i ceti più bassi, per ridistribuire la  ricchezza, garantire i servizi sanitari a tutti. In passato da noi tutto questo è avvenuto in modo clientelare e distorto. Ne abbiamo approfittato, prendendo pensioni non dovute, generando cattedrali nel deserto, garantendo privilegi ai soliti noti. La sinistra di tradizione comunista (che dall’opposizione si batteva contro il clientelismo, contro i privilegi ed aveva regole ferree di selezione e militanza) quando è arrivata al potere ha fatto come gli altri: annunci, raccomandazioni, deferenza al sistema capitalistico finanziario, macchine blu a sirene spiegate e pessima immagine pubblica.

Fino ad ora le 5 Stelle (che non ancora entrano nelle stanze dei bottoni, stando in ciò che Alberoni chiama “lo stato nascente”) hanno uno stile sobrio nella gestione degli incarichi pubblici, una selezione attenta della militanza ed un’attenzione alle marginalità. Se riusciranno a proporre e garantire una buona  socialdemocrazia (intesa come sistema sociale) senza clientelismo e dilapidazione delle risorse (su cui è scivolata la sinistra), potrebbero conservarsi come l’area di riferimento dei ceti deboli ed assorbire ulteriormente l’elettorato del Pd, diventando il contraltare del centrodestra a trazione leghista.

Di contro, perderanno tutto ed anche subito. Soprattutto se Di Maio si farà irretire dai tappeti rossi che il capitalismo finanziario ha già messo ai suoi piedi (per assorbirlo nel sistema) e se abbandonerà le proposte per far ripartire l’ascensore sociale. In conclusione ed in sintesi, le 5 Stelle vinceranno  la sfida ove riusciranno a garantire una socialdemocrazia non clientelare. La sinistra storica e la Dc, prima, ed il Pd, poi, hanno perso la loro sfida perché alla giusta socialdemocrazia hanno unito l’ingiusto clientelismo, che ha sfasciato i conti pubblici e dato agli eurocrati l’abili per impoverirci ulteriormente.  Personalmente mi auguro che si passi ad una socialdemocrazia senza clientelismo, ma la vedo dura, molto dura.

                                                                                                                                                             Ods

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