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Giuseppe Dosi. L’artista poliziotto

Giuseppe Dosi nacque a Roma il 28 dicembre del 1891. La sua giovinezza la trascorse tra Roma e Viterbo dove, nel 1910, conseguì la Licenza Liceale. 

Manifestò subito un grande interesse per il teatro e il cinema. Nel 1912 si fece scritturare come attore nella Compagnia drammatica del teatro Argentina a Roma. Nello stesso periodo si interessò di letteratura poliziesca e scrisse a riguardo anche dei piccoli testi.  

Sempre nel 1912 fece domanda per essere assunto come agente di Polizia dello Stato. Le sue indagini si caratterizzarono sempre come “fregolismo detectivistivo”. Infatti nelle sue indagini poliziesche utilizzava spesso i travestimenti per scovare i truffatori e i criminali. Dopo diversi servizi svolti in giro per l’ Italia, nel 1918 fece ritorno a Roma come Commissario di Pubblica sicurezza. 

Nella sua attività di investigatore fu incaricato di svolgere delle indagini sul famoso “Volo dell’ Angelo” in cui fu coinvolto Gabriele d’Annunzio, avvenuto il 13 agosto del 1922 alle h. 23 al Vittoriale. In questa circostanza il Commissario Dosi si travestì da un artista esule cecolsovacco, Karl Kradokwill. Fu un travestimento riuscitissimo che ingannò il Vate e tutta la sua “corte”. 

Tuttavia la vera indagine che trasformò la vita di Dosi fu il caso del “Mostro di Roma” da cui il regista Damiano Damiani trasse il film “Girolimoni. Il Mostro di Roma” con Nino Manfredi. Dal 1924 al 1927 Roma fu insanguinata da una serie di delitti a sfondo sessuale perpetrati su alcune giovani ragazzine. Di questi delitti fu accusato Gino Girolimoni. Il caso sembrava chiuso con la soddisfazione del Regime e dei cittadini ma il Commissario Dosi, che aveva indagato sui delitti, non credeva alla colpevolezza del Girolimoni. Mentre svolgeva le indagini aveva individuato un’altra pista che portava nell’ambiente anglosassone di Roma e del Vaticano. Nel frattempoGirolimoni fu scagionato e i delitti rimasero senza un colpevole perché le indagini che stava portando avantiDosi su un cittadino importante Canadese furono bloccate per ragioni diplomatiche e politiche. Per questa ragione il Commissario fu allontanato da Roma e iniziò per lui una lunga peregrinazione in giro per l’Italia con lo scopo di emarginarlo. Ormai per i suoi superiori e per il regime la presenza di Dosi a Roma era diventata scomoda.

L’ultima tappa prima dell’arresto e del ricovero nel manicomio criminale di Roma fu in provincia di Chieti. Infatti nel gennaio del 1936 fu nominato Commissario prefettizio di Istonio (l’attuale Vasto) e di alcuni altri comuni dell’entroterra vastese, tra questi Roccaspinalveti. 

Della sua presenza a Roccaspinalveti vi è una lunga testimonianza fotografica e documentaria nel suo archivio privato conservato presso il Museo della Liberazione in via Tasso, a Roma. 

Durante la sua permanenza in Abruzzo, tra gli altri impegni, prese a cuore le condizioni di vita degli abitanti di Roccaspinalveti e, come documentato, si adoperò fattivamente per risolvere alcuni dei problemi più importanti. Infatti il paese, dopo il trasferimento nel nuovo sito, avvenuto tra la fine dell’ ‘800 e i primi anni del ‘900 versava  in uno stato di abbandono. La chiesa parrocchiale era rimasta incompiuta, le strade principali del nuovo borgo erano dissestate e impraticabili durante i mesi invernali, l’acquedotto era carente e non raggiungeva le numerose contrade presenti sul territorio comunale.

Con grande senso di servizio nei tre anni di permanenza in Provincia di Chieti si impegnò concretamente per dare un po’ di sollievo ai cittadini di Roccaspinalveti.Nel 1937, il 31 agosto e il I settembre, durante le feste patronali, alla presenza delle autorità civili e religiose e con gran concorso di popolo fu inaugurato al centro della piazza il monumento ai caduti delle Grande guerra, la nuova facciata della chiesa, la pavimentazione della piazza (che proprio in quella  occasione prese il nome di Piazza Roma) e di corso Umberto I. In quella occasione fu presentata ai cittadini la croce processionale attribuita a Nicola da Guardiagrele che fu ritrovata abbandonata durante i lavori di sistemazione della chiesa. Fu un grande successo del Commissario Dosi che raccolse i favori di buona parte della cittadinanza. 

Al termine del servizio come Commissario Prefettizio tornò a Roma. Durante i tre anni di permanenza in Provincia di Chieti scrisse un memoriale che accusava di inettitudine esplicitamente i vertici della polizia e addirittura Mussolini. La pubblicazione delle memorie d’accusa non mancò di suscitare risentimento e una severa punizione. Infatti fu dispensato dal servizio, arrestato e rinchiuso nella sezione dei politici nel carcere di Regina Coeli. La punizione non doveva finire così. Il 21 settembre del 1939 fu rinchiuso nel Manicomio criminale e vi rimase fino al gennaio del 1941. Nel frattempo la famiglia si era trasferita a Roccaspinalveti per sfuggire alle rappresaglie tedesche e per trovare un po’ di pace tra personale accoglienti e amiche. 

Dopo l’8 settembre 1943, a Roma, la situazione si era fatta complicata. Nel frattempo le truppe Alleate risalivano la Penisola e si avvicinavano alla Capitale. Il 2 giugno del 1944 le truppe Anglo Americane sferrarono un attacco su Roma e Kesserling ordinò la ritirata verso nord. Così il Commissario Dosi vide fuggire le truppe tedesche da Roma e da via Tasso dove era stato sistemato il comando. Intuendo che li vi erano conservate carte importanti vi entrò e portò via buona parte dell’Archivio delle SS che stava per essere distrutto. Nel 1946 fu riammesso nella Polizia e a partire dal 1^ gennaio 1947 la Direzione generale della P.S. gli offrì l’incarico di Direttore dell’Ufficio di Polizia Criminale Internazionale (INTERPOL). 

Bigliografia e fonti d’Archivio

Giuseppe Dosi. Il poliziotto artista che inventò l’ Interpol italiana, a cura di Raffaele Camposano, Quaderno II, Roma 1914. 

Archivio Museo della Liberazione Roma, via Tasso, Archivio Giuseppe Dosi, fascicolo 75, Album fotografico della permanenza a Roccaspinalveti 1936-1938, (la schedatura e il riordino è stato effettuato dalla Dott.ssa Alessia A. Glielmi.) 

Antonino Orlando

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